5 Domande che tutti si fanno sul Giappone

Elisa Sanguanini Pubblicato il

Di ritorno dal Festival del Oriente, sono stata per due weekend sommersa per ore di domande sul Giappone e mi sono resa conto che questa nazione che adoro e in cui mi reco dalle 2 alle 5 volte all’anno è caratterizzata da strane idee che popolano le nostre menti creative.

Ecco le 5 domande più frequenti e quelle più strane e curiose che mi sono state fatte in questi giorni:

1. Il Giappone è un Paese caro?

Domanda che in assoluto domina questa top five, è la credenza più diffusa.
In un viaggio in Giappone le due cose che portano in alto le spese sono il volo aereo e l’acquisto del JR Pass (l’abbonamento per usufruire della rete JR della metro e dei treni superveloci per gli spostamenti da una città all’altra).
Per il resto non servono grandi budget: i pernottamenti in hotel o ryokan (le case tradizionali con i pavimenti di tatami e al posto dei letti i futon) hanno gli stessi prezzi europei, mentre il mangiare costa molto meno, visto che con circa 8 euro si può fare un pasto completo nei ristoranti. La motivazione sta nel fatto che i giapponesi lavorano spesso molto lontano da casa e non rientrano a pranzo (spesso rimangono fuori anche alla notte e dormono nei capsule hotel), e quindi con la grande concorrenza di ristoranti i prezzi si sono abbassati di molto.

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2. Si mangia solo sushi?

No, anzi: i giapponesi adorano il ramen (tagliolini in brodo) e troverete ristoranti di ramen ovunque. In ogni caso la cucina giapponese è molto varia e la scelta molto ampia, anche per i vegetariani. Per i coraggiosi: potete provare il fugu, il pesce palla. E’ un pesce estremamente velenoso che se tagliato male può provocare la morte, e tra i giapponesi è simbolo di prestigio offrirlo ai propri ospiti (ovviamente costa un sacco di soldi).

ramen giappone

3. I kimoni si usano ancora?

Una precisazione: nella lingua giapponese non esistono singolare e plurale, quindi il nome rimane invariato. Kimono rimane uguale sia che ne abbiamo uno o venti (a proposito: io ne ho 22!), quindi coniugarlo in “kimoni” è sbagliato. Stesso discorso per “geisha”, “katana”, “origami” ecc.

Comunque la risposta è sì: è normale vedere gente che indossare kimono, soprattutto nei giorni di festa per recarsi nei templi e a Kyoto, città molto più tradizionale di Tokyo.

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4. E le geisha ci sono ancora?

Chiariamo subito una cosa: le geisha non erano prostitute, ma ragazze molto colte che venivano prese da piccole e introdotte a una rigidissima disciplina. Che le geisha siano prostitute è una credenza nata nella seconda guerra mondiale, quando gli americani sbarcarono in Giappone e videro queste bellissime ragazze, che però venivano confuse con le prostitute vere e proprie.
Come fare a riconoscerle? Le geisha portavano il fiocco sulla schiena mentre le prostitute davanti, in modo che fosse più facile e veloce scioglierlo all’occorrenza.

Detto questo, è possibile vedere ancora delle geisha nel quartiere di Gion a Kyoto, ma non si lasciano fotografare o rivolgere la parola. Lavorano intrattenendo con balli, canti e conversazioni clienti molto facoltosi.

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5. Ho i tatuaggi, posso andare alle onsen?

Le onsen sono le terme giapponesi: possono essere all’aperto o al chiuso, in vasche con acqua calda o fredda – in alcune località come a Kobe sono di origine sulfurea – e una volta erano i bagni pubblici in cui i giapponesi si recavano a fare il bagno.

Come ci si comporta in una onsen? Ci si spoglia completamente (ci sono reparti separati per uomini e donne), ci si lava con spugna e sapone ai rubinetti all’ingresso della sala e una volta puliti ci si può immergere nelle vasche assieme agli altri e rilassarsi.
Il problema può sorgere quando si hanno tatuaggi, perché in Giappone chi li aveva faceva parte della yakuza (やくざ), l’organizzazione criminale giapponese: alcune onsen non accettano persone con tatuaggi, altre forniscono dei cerotti per coprirli, altre non fanno problemi. All’ingresso in genere è esposto un cartello con la possibilità di entrare o meno, ma in ogni caso per essere sicuri è meglio chiedere.

Comunque sia è una esperienza da provare per chi viaggia in Giappone: dopo aver preso coraggio e essere partiti da soli per il Giappone, non sarà di sicuro la timidezza a fermarvi vero?

Pubblicitaria, professoressa di grafica e fondatrice dell'Associazione Kokeshi, adora viaggiare e trova sempre la scusa di andare in Giappone o in qualche stato dell'Asia. Vorrebbe passare le giornate in kimono a mangiare sushi e pizza assieme alla sua anima a quattrozampe, che la segue ovunque (tranne quando ci sono da prendere gli aerei).

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