24 Aprile 2024

Psicoradio, per comunicare il disagio mentale con rispetto

La comunicazione medico-paziente viene spesso tirata in ballo per mettere l’accento sulla scarsa capacità del personale in camice bianco di considerare il malato non come un insieme di organi da analizzare ma come persona, con una propria storia specifica.

La cultura medica, da qualche anno, è accusata di “razionalità tecnocratica e riparativa”, che toglie al paziente un diritto fondamentale: il tempo dell’ascolto.

Quando poi è di malattia mentale che si sta parlando, il tempo dell’ascolto si pone più che mai al centro di ogni efficace comunicazione medico-paziente.

Il disagio mentale racchiude in sé tante di quelle declinazioni che sfuggono quasi sempre alla comunicazione tritatutto dei mass media, che in uno zelo acchiappa-ascolti tende a semplificare a tal punto la terminologia psichiatrica da confondere talvolta il senso di quanto viene detto.

Così, la fragilità relazionale medico-paziente finisce per trovare eco nell’intera comunità, ostaggio spesso persino di ingiusti pregiudizi rispetto a chi è colpito da una qualche forma di disturbo mentale.

Un concreto esperimento che rimette al centro il diritto all’ascolto di chi soffre è l’esperienza di Psicoradio , testata radiofonica bolognese operativa da marzo 2006 e realizzata in collaborazione con Arte e Salute Onlus e Azienda USL Bologna – Dipartimento di salute mentale.

Obiettivo: occuparsi della comunicazione che c’è attorno alla malattia mentale, con una redazione composta proprio da pazienti psichiatrici, con la direzione di Cristina Lasagni (facoltà di Scienze della Comunicazione, Università di Lugano) e con il coordinamento di altri professionisti della comunicazione.

Con Psicoradio il “paziente” è più che mai centrale: dall’essere ascoltato all’essere produttore in prima persona di una parola che si fa pubblica.

Il progetto – si legge nel sito della radio – parte dall’idea che l’intelligenza e i talenti di chi soffre di disturbi mentali spesso vengono nascosti ma non annullati dalla malattia. Con una formazione adeguata possono essere risvegliati”.

Chi, vivendo sulla propria pelle la sofferenza psichica, riesce a farsi promotore di una comunicazione efficace, può anche riuscire a intercettare sensibilità capaci di intaccare stereotipi duri a morire che riguardano il binomio – spesso frettolosamente trasmesso – paziente con problemi psichici=pericolo.

Restituire dignità alla sofferenza, riconsegnadole tutte le parole che le appartengono, è quanto più necessario: la ricerca “Follia Scritta” realizzata dalla redazione di Psicoradio in collaborazione con l’Istituto di Media e Giornalismo dell’Università della Svizzera Italiana, ne svela appunto l’urgenza, mettendo sotto la lente di osservazione i titoli di 8 quotidiani italiani in un anno specifico, il 2008, in cui è ricorso il trentennale della legge 180.

Se trenta minuti è la media di tempo che viene dedicato alla lettura di un quotidiano, facile capire come la sintesi dei titoli sia particolarmente importante nel restituire il senso più autentico di ciascun pezzo.

Ma la tentazione di “tagliar corto” in titoli, sottotitoli ed occhielli, porta spesso ad assimilare termini e vocaboli clinici in realtà ben distinti, con effetti – questi sì – pericolosi.

Gli esempi, sfogliando i giornali, non mancano: “‘disabile mentale’ – si legge nella relazione – ‘malato mentale’‘persona con disturbi psichicinon evocano la stessa immagine in chi legge. Se usati come termini intercambiabili, rischiano di sedimentare stereotipi; per esempio, un uso imprecisato di ‘disabile’ mentale può confermare quello dell’incapacità di tutte le persone con un disturbo psichico

Rispetto poi ai luoghi della cura, nei titoli c’è appena traccia di pochi luoghi di contenzione come: “manicomio” (62%), “ospedale psichiatrico” (19%), “centro di igiene mentale” (8%), “neuro” (8%), “ospedale psichiatrico giudiziario” (4%).

E tutto il resto?

Altro preoccupante esempio di semplificazione nella confezione dei titoli di giornale è la citazione nei titoli della “depressione” come causa di omicidi.

Un termine-ombrello – “depressione” – che rischia di essere fraintesa e circolare nell’uso comune coprendo orizzonti di senso che non le sono propri.

Alcuni esempi contro cui si batte Psicoradio, che si è imposta, in questi primi anni di attività, con una valida programmazione sui temi salute/malattia mentale (le puntate sono tutte riascoltabili sul sito www.psicoradio.it).

Ma l’attività non si limita soltanto alla radio: attività culturali, stage, incontri universitari, tirocini, sono tutti spazi importanti di riflessione e confronto sul disagio della mente e la sua comunicazione.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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